martedì 9 giugno 2009

Ai ragazzi non manca l’educazione civica ma un interesse per la propria esistenza


Per molti giovani ormai le notti del sabato si riducono a un’occasione per anestetizzare la noia e il vuoto con musica, droga e alcool. È l’emergenza di cui si parla tanto, e non bastano i corsi sull’affettività per farvi fronte

Le cronache informano che in una sola notte di un fine settimana a Roma sono state elevate contravvenzioni per 4 mila euro, quasi tutte per guida in stato di ubriachezza mista a droga, e sono state ritirate una quarantina di patenti. Dall’inizio dell’anno le forze dell’ordine hanno sequestrato nella capitale oltre 200 patenti per lo stesso motivo. Lo stato dei soggetti era a livelli incredibili: caso limite quello di un giovane sotto effetto di alcool ed eroina che ha investito un’auto dei carabinieri mandandone due all’ospedale. Si parla di molte emergenze ma questa sta diventando una delle più drammatiche e sconvolgenti. Dunque, le notti del sabato per una fetta importante dei giovani si riducono a questo: ballare fino all’alba assordati da musica ad altissimo volume, imbottirsi di alcool e spesso anche di droga e concludere la festa col buttare la propria vita nella strada come posta di una tragica roulette russa. Non si tratta soltanto di un problema di salute né soltanto di vita o di morte, ma è persino peggio: quel che esprime un simile comportamento è la necessità di anestetizzare una noia infinita, un’assenza sconfinata di interesse per qualsiasi cosa, di anestetizzarle col fracasso, con l’agitazione psicomotoria, l’alcool e la droga. Chi si comporta così è dominato dal terrore di guardare quel che ha dentro, e cioè assolutamente niente, e di dover far fronte alla disperazione che genera la coscienza del vuoto. Come è possibile non considerare una terribile emergenza che tanti giovani si sentano così?Poiché il problema è questo la soluzione non è certamente solo tecnica. Imporre alle discoteche e ai locali notturni regole severe sullo spaccio degli alcolici, un controllo sulla diffusione delle droghe, al limite riduzioni di orari: tutto questo è necessario e nessuna autorità pubblica potrebbe esimersi dal farlo senza venir meno ai suoi doveri. Ma nessuno può illudersi che basti. Si troveranno altre scappatoie e nasceranno altri problemi, come quelli delle bande che riempiono il loro vuoto passeggiando e provocando anche con i coltelli. Il problema è evidentemente l’emergenza educativa di cui si parla tanto e per la quale non si fa niente. Né basterà propinare corsi di educazione civica, o peggio quella emerita buffonata detta “educazione all’affettività”. È ironico che siano proprio coloro che si scagliano contro i metodi e i princìpi “d’altri tempi” a proporre soluzioni in quel classico stile predicatorio che fa presa sui giovani come l’acqua sul vetro. Famiglia e scuola sono le chiavi della soluzione. E cosa può fare la scuola per trasmettere valori che non lascino la possibilità che si crei quel vuoto di cui si diceva, visto che è sbagliato e dannoso che la scuola propini un’etica di Stato non si sa come e da chi confezionata? Trasmettere interesse. E quel che più di ogni altra cosa stimola l’interesse è la conoscenza, la passione di conoscere. Non è una ricetta magica, anzi è una via tortuosa e faticosa ma che, se percorsa, dà un risultato sicuro. Per apprezzare quanto riempia di valori interiori il conoscere – apprendere a conoscere il mondo che ci circonda, la nostra storia, lo spazio in cui viviamo, e poi esplorare se stessi, gli altri, e apprendere a dominare delle attività scoprendo quali risorse offra questo dominio, che sia quello di far musica o dipingere o scrivere – occorre vincere la fatica che questo comporta. È l’ostacolo oltre il quale c’è un grande premio. Una scuola basata sul principio che non bisogna stancarsi mai e tutto deve essere facile come il gioco più banale, crea un esercito di disperati. di Giorgio Israel

3 commenti:

  1. Alcune domande sorgono spontanee:
    stanno chiedendo aiuto?
    Che abbiano bisogno di attenzione e affetto?

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  2. Stanno chiedendo aiuto, il loro è un grido di quelli silenziosi e nel contempo drammatico e lacerante, che non può e non deve lasciarci indifferenti! Dobbiamo attrezzarci per aiutarli, proprio noi formatori, che li abbiamo "in consegna" per tante ore al giorno, che dovremmo essere quelli che offrono modelli, che siamo "gli adulti" in cui dovrebbero rispecchiasi; noi adulti che troppo spesso li consideriamo semplici consumatori dei nostri prodotti, facile strumento da plagiare per fare quattrini....

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  3. Da una vecchia canzone:

    ... Le otto e mezza tutti in piedi
    il presidente, la croce e il professore
    che ti legge sempre la stessa storia
    sullo stesso libro, nello stesso modo,
    con le stesse parole da quarant'anni di onesta professione.
    Ma le domande non hanno mai avuto
    una risposta chiara...

    Lo sapevamo già allora che i giovani stavano cambiando e che dovevano cambiare anche i modelli educativi

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