
Lui, un quindicenne di origine indiana, adottato da una famiglia di Potenza, ha forse deciso di farla finita per una delusione d’amore. Così si è dato fuoco ed è morto. Lei, stessa età, milanese, si è gettata sotto il metrò. È stata salvata in extremis, ma perderà un braccio. Perché? Forse non aveva accettato la separazione dei genitori. Forse, forse, forse... Occorre ripeterlo mille volte quando si tenta di indagare le ragioni che portano un adolescente a scegliere di 'chiamarsi fuori', di non vivere più. Perché anche quando la motivazione sembrerebbe evidente – il giovane lucano aveva inviato un sms per spiegare il suo gesto – in realtà non c’è mai una sola ragione, un solo impulso. Dietro quella scelta di morte si intrecciano e si sovrappongono decine di sollecitazioni negative, di pensieri distorti e fuorvianti. Forse, neppure loro, i ragazzi che non vogliono più vivere, potrebbero dire spiegare cosa c’era davvero dietro quel loro, terribile, innaturale, tragico salto nel nulla. Ieri Pransath Folliero, aveva mandato tre messaggini alla sorella, a un vicino di casa e a un amico: «Non ce la faccio più, sto per buttarmi. Mi troverete sull’asfalto», Così, per una delusione d’amore, si è suicidato dandosi fuoco con la benzina e gettandosi poi da una scalinata. Era stato adottato nel 1996 da una famiglia di Pignola (Potenza). Ieri mattina ha preso un autobus e invece di dirigersi al Liceo scientifico «Galilei», dove fre- quentava la IH, ha raggiunto una scalinata in centro. Dopo aver posato lo zainetto, in cui aveva messo una bottiglia piena di benzina, ha preso il cellulare e ha inviato i tre sms. Poi il gesto fatale. Poco dopo l’arrivo della madre e della sorella (di due anni più grande). La ragazza era a scuola, all’istituto tecnico commerciale «Nitti», alla periferia della città. In centro è stata accompagnata da un collaboratore scolastico a cui, durante il tragitto in automobile, aveva raccontato che Prasanth da alcuni giorni era triste, non mangiava. Tutto a causa di «una cotta» sfortunata. Null’altro. Almeno in apparenza. I due fratelli, infatti, erano perfettamente integrati, benvoluti e amati dai genitori. Lui frequentava la parrocchia con un passato da chierichetto, si divertiva con chitarra e tastiere, non disdegnava lo sport. Senza particolari problemi né di studio né di amicizie. Molto simile la vicenda della ragazzina milanese che ha tentato di togliersi la vita. Ieri mattina, invece di andare a scuola, è scesa nella stazione Primaticcio della Linea 1 del metro e si è gettata sotto il treno. Un gesto, avrebbe spiegato la mamma, mai preannunciato prima. Qualche difficoltà l’aveva già incontrata: una bocciatura scolastica, i genitori separati, forse un po’ di gelosia verso il fratello più piccolo. «La mamma - hanno riferito i carabinieri - ha detto che la figlia l’anno scorso era stata bocciata e che era seguita da uno psicologo». Ma il nonno, Pietro V., ha smentito categoricamente che soffrisse di problemi psichici. «Non aveva mai assorbito il colpo della separazione dei genitori, ma non c’era nessun segnale che facesse presagire un gesto simile».
«Dobbiamo ricondurre l’impulso a un ragionamento razionale», dice Anna Oliverio Ferraris. Adolescenti, ovvero impulsivi: in un istante decidono e mettono in atto. E a spingerli verso l’estremo può bastare quello che all’occhio adulto sembra un nonnulla, ma che per loro significa tragedia: «Una delusione da parte degli amici o della persona amata, una brutta figura di fronte al mondo, che poi magari è solo un brutto voto preso a scuola. Ma sempre più spesso emerge anche una depressione giovanile, legata magari alla situazione familiare che genera infelicità...». C’è un po’ di tutto nell’analisi proposta da Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma e autrice di un recente libro dedicato ai suicidi adolescenziali ("Chiamarsi fuori", ed. Giunti), quasi un riassunto delle due vicende avvenute ieri.
Tratto da Avvenire.it del 24/05/09
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